In Italia siamo abituati a pensare alla legislazione come ad un corpo spesso opaco e foriero di troppi dubbi applicativi. Abbiamo ancora inoltre una concezione “verticistica”, top-down, del messaggio “normativo”, concezione che affonda le radici nel brocardo latino “ignoratia legis non excusat” e che solo negli ultimi tempi ha subìto una circostanziata critica da parte della Corte costituzionale. Si pensi, da ultimo, alla sentenza n. 110 del giugno scorso, con la quale la Consulta ha dichiarato la incostituzionalità di una legge regionale per “oscurità” e intelligibilità, tanto da violare il principio di ragionevolezza. Ebbene, il tema è emerso chiaro anche nel Parlamento europeo, che tramite la commissione Juri ha commissionato uno studio che propone un cambio nel metodo di redigere gli atti normativi Ue e che tenga al centro il cittadino. La proposta è oggi tanto più incalzante tenendo conto della intensità di produzione normativa di derivazione comunitario. Pensiamo in particolare, a tutti quegli atti regolamentari (e direttive correlate) che riguardano il decennio digitale. Lo studio indica ben 22 raccomandazioni al legislatore comunitario per migliorare la qualità della sua legislazione. Ne parliamo in Avvocato 4.0 per la importanza centrale che in queste raccomandazioni rivestono plain language e (legal) design!
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