エピソード

  • AUTOSABOTAGGIO: come rovina l'amore
    2025/04/21

    Una delle specialità in cui spesso alcuni di noi primeggiano o, meglio, sono dei veri e propri maestri, è quella di autosabotarsi nel raggiungimento di un obiettivo.

    L’autosabotaggio consiste nel mettere in atto, involontariamente, pensieri, comportamenti, atteggiamenti che, anziché facilitare il raggiungimento dei nostri obiettivi, lo rendono difficile, se non addirittura impossibile.

    È una dinamica che può essere piuttosto invalidante e sulla quale potremmo non solo fare un episodio breve come questo, ma scrivere un saggio di centinaia di pagine, tanti sono gli aspetti e le aree della vita in cui si può verificare.

    Generalmente, dietro le quinte dell’autosabotaggio, sembra esistere una sorta di difesa inconscia, una specie di meccanismo automatico che si innesca per mantenerci nello stato attuale, seppur non felice, anziché permetterci di esplorare nuovi orizzonti raggiungendo i nostri obiettivi.

    In buona sostanza, chi tende all’autosabotaggio, inconsciamente preferisce la certezza e la prevedibilità della realtà che sta vivendo, anche quando è scomoda, rispetto all'ignoto del raggiungimento di un obiettivo, che potrebbe comportare, essendo nuovo per il sistema, uno scenario su cui teme di perdere o il controllo o di non averlo del tutto.

    L’autosabotaggio si innesca più frequentemente in un certo tipo di personalità, che spesso coincide con quella che in psicologia viene definita borderline, ma è una trappola mentale in cui tutti possono cadere a seconda delle circostanze e dei periodi.

    Ecco, quindi, che qualcuno si auto-sabota nell’ambito dell’autorealizzazione, quando desidera fortemente, per esempio, un avanzamento di carriera ma poi attua inconsapevolmente comportamenti che lo mantengono esattamente dov’è; altri sabotano se stessi in ambito sportivo, altri ancora in ambito sentimentale.

    Ed è proprio questo di cui parleremo oggi: l’autosabotaggio nelle relazioni amorose.

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  • AMORE: assoluto o relativo?
    2025/04/14

    L’amore relativo è un amore che dipende dal tempo e dalle circostanze, è una dimensione perfettamente naturale nella nostra cultura e si contrappone all’amore “assoluto”, concetto molto diverso, che potremmo sintetizzare al massimo come “il sentirsi amati esattamente per quello che siamo”, per la nostra autentica essenza e soggettività, e che prevede, prima di tutto, un amore per se stessi.

    In alcuni casi riusciamo a sfiorare l’amore assoluto, inteso in questi termini, all’inizio di una relazione travolgente: lo sperimentiamo negli occhi dell’altro che ci guarda, ma solo perché l’altro sta vedendo ciò che desidera vedere.

    L’amore relativo, invece, è il terreno su cui ci muoviamo di solito e per la maggior parte del tempo, sia nei confronti di noi stessi, sia in quelli dell’altro.

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  • RISPETTO: la prova scientifica di quanto dovrebbe essere naturale
    2025/04/07

    Esistono interessantissimi studi sulla comunicazione tra madre e figlio a partire dal periodo fetale, che vengono ripresi in maniera chiara e sintetica in un libro molto interessante che si intitola IL CORPO NON DIMENTICA scritto dallo psichiatra Massimo Ammaniti e dallo psicobiologo Pier Francesco Ferrari.

    Tutto il materiale raccolto, pubblicato tra il 2003 e il 2008, da un lato dimostra che per la madre il feto è già un figlio con cui dialogare, dall’altro racconta come il feto stesso abbia una spiccata predisposizione naturale all’interconnessione con la madre.

    Questo dialogo tra madre e feto si sviluppa ovviamente su un piano non verbale e in maniera inconsapevole, basti pensare che uno dei primissimi input comunicativi è il battito cardiaco della mamma, poiché crea una continuità di rapporto rassicurante, per il feto prima, e per il neonato poi, e sembra che influisca sulla sua predisposizione alle arti musicali.

    Oggi vediamo insieme alcuni dei punti più interessanti di questa ricerca.

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  • PAURA DI PARLARE IN PUBBLICO: come affrontare l'ansia
    2025/03/31

    Probabilmente anche tu hai provato quell’ansia, che a volte diventa addirittura terrore, quando ti è capitato di dover parlare davanti a un certo numero di persone che conoscevi poco o per nulla.Succede agli studenti, davanti a una commissione d’esame, a manager in riunione o davanti al microfono di una sala gremita, a professionisti molto preparati, ma anche nelle riunioni condominiali.Nelle normali riunioni di reparto, a volte, la persona che vive questo tipo di ansia evita di intervenire, anche se avrebbe qualcosa di intelligente e utile da dire e, spesso, un collega meno ansioso lo fa al posto suo, prendendosene i meriti.Si chiama GLOSSOFOBIA, un nome che, a ben vedere, la rende ancora più temibile, assimilandola a una psicopatologia.In questo episodio vediamo uno stratagemma di gestione che ho provato sulla mia pelle con ottimi risultati.

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  • NON VERBALE: differenza tra paura e ansia
    2025/03/24

    In questo episodio ti darò alcune dritte su come riconoscere i segnali non verbali indicatori di ansia, ma permettimi di fare una piccola premessa: anche se so perfettamente che le premesse annoiano soprattutto i miei seguaci più giovani, che vorrebbero che andassi dritto al punto, ma è doveroso, per la mia posizione, farle.

    Come sai, se mi segui da un po’, visto che non perdo occasione per ricordarlo, non sono uno psicologo ma un life coach e mi occupo anche di formazione alla relazione con sé stessi e con gli altri.

    Per la mia qualifica non posso ovviamente dare suggerimenti su come risolvere l’ansia invalidante, poiché si tratta di un disturbo che deve essere trattato da chi è titolato a farlo, quindi, appunto, da psicologi, psicoterapeuti e, nei casi più gravi, da psichiatri.

    Mi limiterò, quindi, a raccontarti qualcosa sulle caratteristiche dell’ansia che, secondo lo psichiatra Roberto Lorenzini, uno dei massimi studiosi di questo disturbo, è “la sorella evoluta della paura”, poi passerò ai segnali non verbali che offrono indizi di ansietà, sia su noi stessi sia sugli altri.

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  • MENZOGNE: indizi "strani" nel verbale
    2025/03/17

    È un dato di fatto che la maggior parte delle persone gradirebbe conoscere una metodologia utile a smascherare i bugiardi, ma al momento nemmeno il famoso poligrafo, la macchina della verità, è riuscita a essere impeccabile. Si rimane, quindi, nell’ambito degli indizi ed è abbastanza normale che, dopo averne raccolti almeno più di tre, l’ago della bilancia possa pendere di più verso un’ipotesi di menzogna, ma sottolineiamo la parola IPOTESI ed eliminiamo la parola CERTEZZA.

    Oggi vediamo insieme alcuni indizi di menzogna nella comunicazione verbale, ovvero certe espressioni che un bugiardo inconsapevolmente utilizza, senza rendersi conto che un po’ si sta tradendo.

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    Clicca QUI per ascoltare l'episodio in cui parlo degli AUTOINGANNI

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  • IL CAPO TOSSICO: riconoscerlo e conviverci
    2025/03/10

    Buona parte del mio lavoro si svolge in aziende o istituti scolastici che mi convocano per percorsi di formazione e più spesso di quanto puoi immaginare mi trovo in aula i collaboratori o il personale docente, quasi mai i leader o i direttori scolastici.

    Per esperienza, quindi, posso sbilanciarmi nel dire che nessun corso di formazione può risolvere questioni relazionali se alla base c’è un problema di leadership e che molti leader dovrebbero iniziare a farsi un esame di coscienza e a prendere atto che certi problemi dipendono da loro.

    Avere a che fare con un capo tossico è devastante sul piano della motivazione e, il più delle volte, la devastazione emotiva va a contagiare anche altri ambiti della vita, come la sfera familiare.

    Il vero problema sta nell’incapacità di alcuni leader di rendersi conto che sono proprio i loro modi a minare le relazioni e il buon funzionamento del gruppo e, spesso, nell’abitudine malsana di vedere le colpe e le inefficienze esclusivamente negli altri.

    Oggi facciamo il punto sui più frequenti stili di tossicità che un leader non evoluto può agire quotidianamente con i suoi collaboratori.

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  • LINGUAGGIO DEL CORPO: cosa dicono i piedi?
    2025/03/03

    Gli atti subliminali di scarico tensionale più importanti sono quelli che riguardano il viso, la testa in generale, il collo, le spalle, le braccia, le mani e alcuni segnali interessanti si verificano sul petto e nella parte alta della schiena, quella delle scapole.

    Più ci allontaniamo dal tronco scendendo nella parte bassa del corpo, meno un segnale ha valenza emotiva e infatti l’alfabeto analogico del corpo si sviluppa quasi totalmente dal tronco in su.

    Un buon osservatore che sia anche padrone di questo linguaggio, solitamente focalizza la sua attenzione proprio nella parte alta del corpo del suo interlocutore, ma sa perfettamente che anche i piedi parlano e dicono molto dello stato emotivo di una persona.

    In questo episodio vediamo il linguaggio non verbale dei piedi.

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