
Ep. 70: Ugo Nespolo - Torino, l'arte e un percorso eclettico
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Ugo Nespolo, figura di spicco nel panorama artistico italiano, ripercorre il suo rapporto con Torino e la sua evoluzione artistica in un racconto che attraversa decenni di cambiamenti culturali. Nato vicino a Biella ma torinese d'adozione, Nespolo si definisce con orgoglio "turineis".Nespolo ha vissuto la trasformazione di Torino dagli anni '50 fino ai giorni nostri, testimoniando il passaggio dalla città industriale dominata dalla FIAT alla Torino contemporanea. "Ho vissuto forse l'epoca d'oro di questa città", ricorda l'artista riferendosi al periodo tra gli anni '50 e '60, quando Torino era un fervente centro culturale. In quegli anni, l'università era un punto di riferimento intellettuale con professori del calibro di Pareyson e Venturi, mentre l'Einaudi rappresentava una "potenza culturale senza limiti" dove "tutti i più grandi nomi della cultura nazionale e internazionale transitavano".La formazione di Nespolo si è svolta tra l'Accademia delle Belle Arti e l'Università di Torino, dove ha seguito un indirizzo semiologico. Nonostante il suo amore per Torino, l'artista descrive la sua relazione con la città come "elastica", sempre in un'oscillazione tra Torino e Milano.Gli anni '60 segnarono un periodo cruciale per la scena artistica torinese, dominata dalla figura di Felice Casorati, che Nespolo ebbe la fortuna di conoscere personalmente. "Casorati era il deus ex machina ma era naturalmente il nemico da combattere per le nuove generazioni, bisognava essere anti-Casoratiani", spiega. Casorati rappresentava un'arte contemplativa, quasi mistica, in contrapposizione alle tendenze dinamiche dell'informale che si stavano affermando tra i giovani artisti come Saroni, Ruggeri e Sofiantino.Torino divenne poi un centro importante per l'arte contemporanea grazie a figure come Gianenzo Sperone, "certamente uno dei più grandi galleristi del Secondo Novecento", che portò la Pop Art americana in Italia. "Torino è diventata la prima città come baluardo della pop internazionale, la prima mostra di Lichtenstein è stata fatta a Torino, grazie a Sperone", ricorda Nespolo.L'artista critica però una certa presunzione torinese: "Torino ha sempre pensato di essere il capo dei mondi e di essere anche sempre la città in cui è nato tutto, ma non è vero questo. E poi anche quell'altra idea cretina per cui Milano avrebbe rubato tutto a Torino. Nessuno ha rubato niente, zero."Riguardo al proprio percorso artistico, Nespolo si descrive come un "irregolare", un "clandestino" che ha sempre rifiutato le etichette e le vie dritte: "Nel mondo dell'arte, più che mai, nel mondo della cultura oggi, deve avere un pregio, si deve essere curiosi". Il suo approccio eclettico abbraccia diverse discipline, rifiutando la specializzazione estrema in favore di un'idea umanistica della cultura, perché "l'arte non va esclusa dal sociale, non può togliersi dalla sociologia, dalla filosofia".Oltre alla pittura, Nespolo ha dedicato molto tempo alla scrittura e allo studio, collaborando con testate come Il Sole 24 Ore, Il Foglio e La Stampa, e pubblicando libri con Einaudi e altre case editrici. "Ai libri ho dedicato tanto perché penso che lì passi la cultura", afferma.Nespolo ha anche esplorato movimenti come il Situazionismo, la Patafisica (fondando l'Istituto Patafisico Torinese e Ticinese) e Fluxus, realizzando con Ben Vautier il primo concerto Fluxus italiano a Torino nel 1968. Questi movimenti rappresentavano per lui "evasioni da una strada che non si vedeva più, come se un'autostrada non ti fa più guardare, prendi delle strade laterali per sentirsi vivi".Riflettendo sull'arte contemporanea, Nespolo osserva che il concetto stesso di avanguardia è ormai dissolto: "Oggi proprio il concetto di avanguardia è un concetto che si è dissolto, che è scomparso, non c'è nessuno né avanti né indietro". L'arte attuale, secondo l'artista, è dominata principalmente dalle logiche di mercato, dove "si misura il valore delle opere dal prezzo".