エピソード

  • Il coraggio di essere umili
    2025/04/17
    Essere umili non significa sminuirsi, ma avere il coraggio di abitare la propria verità. In un mondo che spesso esalta l’apparenza, la competizione e il successo, scegliere la via dell’umiltà è un atto rivoluzionario. È il coraggio di stare con i piedi per terra – e non è solo un modo di dire.

    Etimologicamente, *umiltà* deriva dal latino *humus*, che significa “terra”. L’umile è dunque colui che sta “a terra”, che riconosce la propria condizione umana, fragile, limitata, ma anche profondamente vera e fertile. La terra, infatti, è il luogo in cui tutto nasce, cresce e si trasforma.
    Nel Vangelo di Marco, Gesù mostra più volte questa via dell’umiltà come forza interiore, non come debolezza. Nel capitolo 9, versetto 35, dice ai suoi discepoli: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».

    Qui si manifesta l’insegnamento centrale del Maestro: la grandezza non si misura con il potere, ma con la capacità di mettersi al servizio. Gesù stesso, nel momento più alto del Vangelo – la Croce – non esercita potere, ma si consegna con amore. È in quell’abbassamento radicale che si manifesta la sua forza divina. La sua umiltà non è fuga dal mondo, ma immersione nella carne dell’umanità.

    Chi è umile, nel senso più autentico, ha il coraggio di riconoscere di non essere il centro del mondo, di non avere tutto sotto controllo, di non sapere tutto. Ma proprio in questa “terra” – che può sembrare polvere o cenere – fiorisce una forza che non viene dall’ego, ma da una sorgente più profonda. L’umile sa ascoltare, accogliere, imparare. E questa è una forma di coraggio raro: non difendersi dietro la maschera della perfezione, ma vivere con verità.

    Nel cammino spirituale, l’umiltà non è il punto di partenza da superare, ma la soglia su cui si ritorna sempre, ogni volta che si cade e ci si rialza. È la terra in cui la grazia può mettere radici.
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    12 分
  • L'insegnamento dei cavalieri templari
    2025/03/19
    Il primo dei grandi ordini cavallereschi fondati in funzione delle crociate, e sostanzialmente l'unico giunto sino ai giorni nostri conservando le sue prerogative è quello degli ospitalieri di San Giovanni, più noto oggi come “Sovrano Militare Ordine di Malta”.

    Come i mantelli dei Templari erano bianchi quelli degli Ospitalieri sono neri; diverso il colore ma uguale l'effetto: gli arabi, dopo averne conosciuto il valore in battaglia, chiameranno gli uni “diavoli bianchi” e gli altri “uomini neri”.

    La fama dei cavalieri crociati assume proporzioni leggendarie, tanto che anche il Saladino, avversario generoso e leale che solitamente graziava i cristiani catturati sul campo, non esitava a dare la morte a Templari e Ospitalieri, come ad esempio avvenne nel 1187 dopo la disastrosa sconfitta di Hattin, quando oltre duecento cavalieri furono atrocemente trucidati.

    Tanti sono gli episodi in cui il valore dei cavalieri ebbe modo di esprimersi e, come detto, non è scopo di queste righe una rigorosa analisi storica, ci basta allora ricordare qualche esempio per tutti, a partire dalla disperata resistenza di Acri, dove poche centinaia di Ospitalieri, Templari e Teutonici fecero fronte per oltre un mese a centosessantamila saraceni per consentire anche all'ultimo civile cristiano di mettersi in salvo abbandonando la città. Nessuno dei difensori di Acri cadde in mano nemica: feriti, stremati e ridotti a poche decine si rifugiarono per l'ultima, disperata resistenza su un unica torre che, sotto l'assalto degli attaccanti, crollò seppellendo mori e cristiani.

    Passarono gli anni e l'Ordine rinacque a Rodi, dove viene scritta col sangue un'altra pagina di storia: nel 1522 Solimano II attacca l'isola con settecento navi e duecentomila uomini preceduti da minatori e genieri. La difesa dell'isola è affidata a trecento cavalieri ed a qualche migliaio di civili e dura sei mesi finché la popolazione dell'isola, stremata, implora il gran Maestro Villiers de l'Isle-Adam di chiedere la pace, concessa dal sultano arabo insieme all'onore delle armi di fronte al valore dimostrato.

    La macchina da guerra costituita dagli appartenenti all’ordine cavalleresco era temprata con una disciplina disumana e con una spietata fermezza. Prova ne è, ad esempio, il seguente passaggio tratto dalla cerimonia di investitura di un nuovo cavaliere, a cui l’officiante - dopo che il Capitolo aveva verificato ed approvato la intenzione del postulante - si rivolgeva chiedendo:

    Fratello, voi chiedete molto, poiché del nostro amato Ordine, come di una quercia non vedete che la parte esterna, la corteccia. La corteccia che voi riuscite a vedere sono i nostri cavalli, le nostre armature, i nostri mantelli e i nostri pasti, e perciò credete che tutto ciò sia bello e che starete bene. Ma voi non immaginate nemmeno sotto la corteccia di quest'albero quali durissime regole vigono all'interno del nostro amato Ordine, voi che siete un signore dovrete far da servo agli altri, perché d'ora in avanti non potrete più fare i vostri comodi: se vorrete dormire sarete svegliato, se vorrete mangiare vi dovrete alzare e sarete comandato altrove, se vorrete essere sveglio vi si comanderà di dormire, se volete digiunare vi sarà comandato di mangiare, se vorrete andare in terra di Acri vi si manderà ad Antiochia, se vorrete rientrare a Sion sarete inviato in Francia o in Inghilterra, se vorrete andare da una parte vi si manderà da quella opposta e voi non potrete domandarne il perché, tutte le dure parole di rimprovero che avrete dovrete sopportarle in nome di Dio. Se così volete, alzatevi a fate un passo avanti.

    Nei cavalieri cristiani il singolo rinuncia alla sua individualità per abbracciare quelle del gruppo a cui decide di appartenere, situazione assai simile a quella dei samurai giapponesi che videro nella battaglia di nagashino la fine della loro storia e l’inizio della leggenda.
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  • Demetra e la Madonna, può la dea greca aver ispirato i Riti della Settimana Santa a Taranto?
    2025/02/18
    l mito della ricerca da parte di Demetra della figlia Persefone ed il ritorno di questa dall'aldilà potrebbe essere alla base della suggestiva processione che si svolge il Venerdì Santo nel capoluogo ionico. A supportare l'ipotesi, c'è prima di tutto la mancanza nei testi - tanto canonici che apocrifi - del racconto della ricerca di Gesù da parte della Madonna ed anche il fatto che questa processione rappresenta di fatto una celebrazione che non si svolge in nessun'altro luogo, facendo quindi pensare che la celebrazione cristiana abbia soppiantato un rito pagano pre-esistente a Taranto.

    Nell'ottica della rappresentazione della passione di Cristo, questa processione appare peraltro come una evidente incongruenza, perché il pellegrinaggio si svolge con una Madonna vestita a lutto prima ancora che Gesù venga crocifisso, per cui si può pensare che nella immagine della Addolorata si sia ripresa quella di una madre angosciata dal destino del figlio (o della figlia, come nel caso di Persefone) che lei sa già essere morto o, sempre come nel caso di Persefone, negli inferi.

    Il mito di sparizione - ricerca e rinascita rappresentato da Demetra e Persefone in analogia con il ciclo naturale della vegetazione rieccheggia quindi con quello di un Gesù che risorge dal sepolcro in cui era stato rinchiuso, affermando la vittoria della vita sulla morte, così come simboleggia il germoglio che spunta dalla terra che aveva accolto il seme che lo ha generato.
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    24 分
  • Inno a Iside, una divinità dalla storia millenaria ma ancora attuale
    2025/02/12
    La figura di Iside è una delle più ricche, sfaccettate e suggestive nel numeroso pantheon che ci giunge dalle antiche civiltà orientali e ancora oggi non manca di fornire interessanti spunti di riflessione a chi voglia coglierne i suggerimenti che la sua storia ci dona.

    Iside è una delle principali divinità egizie appartenente alla religione dell'antico Egitto. Dea della vita, della guarigione, della fertilità e della magia, è una divinità in origine celeste, associata alla regalità per essere stata primariamente la personificazione del trono. Il suo culto si diffuse in seguito anche nel mondo greco-romano.

    Il culto di Iside terminò con l'ascesa del cristianesimo durante il quarto e quinto secolo d.C. Il suo culto potrebbe aver influenzato alcune credenze e pratiche cristiane, come la venerazione di Maria, confluendo in questo insieme a altri culti mediterranei delle dee madri. In seguito, Iside continuò ad apparire nella cultura occidentale, particolarmente all'interno dell'esoterismo e del paganesimo moderno, spesso come una personificazione della natura o dell'aspetto femminile della divinità.
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  • Il 29 gennaio 2025 comincia l'anno del Serpente di Legno
    2025/02/01
    Questi giorni, in Cina ed in gran parte dell’Oriente saranno caratterizzati da festeggiamenti e celebrazioni per l’inizio del nuovo anno.

    Infatti, anche se il calendario ufficiale è lo stesso di quello utilizzato in Occidente, le feste tradizionali continuano a seguire il vecchio (ma sempre attuale!) calendario basato sulle fasi della luna.

    Quindi, mentre per noi l’inizio di un nuovo anno è fissato al primo giorno di gennaio, in Cina il Capodanno è variabile (un po’ come per la Pasqua cristiana) e può situarsi tra il 21 Gennaio e il 20 Febbraio, poiché comincia in corrispondenza con la seconda luna nuova dopo il Solstizio d’Inverno.
    Scopriamo in questo episodio del nostro podcast come l'astrologia occidentale e la cosmologia cinese possono suggerirci alcune interessanti tendenze per i prossimi mesi.

    Buon ascolto!
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    26 分
  • 0207 Pensare alla morte per amare la vita
    2024/12/28
    Uno degli atti dei samurai giapponesi più noto ai “non addetti ai lavori” è il “seppuku”, il suicidio per protesta, per colpa o per non cadere nelle mani del nemico, compiuto tagliandosi il ventre (hara-kiri). Ai più l’atto può sembrare cruento e spietato, e spesso ci si chiede come potessero questi uomini, per quanto coraggiosi ed abituati a guardare la morte in faccia in quasi ogni giorno della propria vita, affrontare con calma e distacco una fine così drammatica e dolorosa, una riflessione diventata ancora più attuale dopo un periodo come quello in cui la pandemia da Covid-19 ha instillato in molti di noi – a torto o a ragione – la paura di una morte prematura e dolorosa.

    Per quanto possa sembrare strano, il suicidio non è patrimonio esclusivo di questi famosi guerrieri giapponesi, e anche in Occidente l'elenco di artisti e intellettuali che hanno scelto di togliersi la vita è lunghissimo, da Ian Curtis dei Joy Division a Curt Cobain dei Nirvana passando per Keith Emerson degli ELP per quanto riguarda la musica; Primo Levi e Vladimir Majakovskij per la letteratura: Vincent Van Gogh o Giuseppe Pellizza da Volpedo per la pittura finendo ad attori come Marilyn Monroe o Robin Williams.

    Occorre però dire che nella maggior parte di questi casi il suicidio è un gesto estremo per sottrarsi ad una situazione considerata insostenibile: una malattia incurabile, un tracollo finanziario, la morte della persona amata, un insuccesso professionale, motivazioni affatto diverse da quelle che portavano i samurai a togliersi la vita, come per protestare contro una decisione reputata ingiusta, per espiare una condanna, per non cadere in mani nemiche dopo una sconfitta militare o per testimoniare il proprio coraggio.

    Altra differenza fondamentale è che mentre spesso il suicidio è un atto di impulso, nel caso dei samurai questo era regolamentato rigidamente e doveva essere compiuto seguendo una procedura codificata che non ammetteva deroghe ed a cui ci si preparava - è il caso di dire - per tutta la vita.

    Questo atteggiamento, che ai più potrebbe sembrare l'apice del pessimismo, era invece una spinta formidabile a godere di ogni momento vissuto, alla stessa maniera di quanto ci ricorda il motto latino "carpe diem", tratto dalle dalle Odi del poeta latino Orazio in cui leggiamo l'invito a cogliere l'attimo, sperando il meno possibile nel domani. Tanto in Occidente quanto in Oriente quindi, la consapevolezza che la vita può finire da un momento all'altro dovrebbe portarci ad apprezzare il momento presente.

    E così, se da una parte possiamo citare l'aria di "E lucevan le stelle" della Tosca, in cui il pittore Mario Cavaradossi si dispera per la fine imminente cantando "e muoio disperato! E non ho amato mai tanto la vita!" dall'altra concludiamo questa riflessione sottolineando quanto sia importante cominciare la giornata nel modo giusto con un estratto dal “Bushido Shoshin Shu” (letture elementari sul Bushido) pubblicato nel 17° secolo all’inizio dello Shogunato dei Tukugawa a cura di Taira Shigesuke, conosciuto anche come Daidoji Yuzan, un samurai erudito allievo di Yamaga Soko.

    Buon ascolto, e buona riflessione…
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  • 0206 I benefici della camminata
    2024/11/19
    Camminare fa bene al corpo e alla mente.

    Camminare ogni giorno per qualche decina di minuti aiuta a prevenire malanni futuri ed a minimizzare le conseguenze di patologie presenti. Camminare nella natura, in un bosco, su un prato, una spiaggia o un sentiero di montagna, ma anche solo tra alberi e siepi di un parco cittadino amplifica enormemente questi vantaggi.

    Di questo e di molto altro parlo di questa puntata del nostro podcast. Buon ascolto!
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  • 0205 Salutare le creature visibili e invisibili
    2024/11/02
    Quando al mattino uscite di casa, pensate a salutare tutte le creature dei mondi visibili e invisibili. Creerete così un legame con esse e, grazie a quel semplice gesto di saluto, per tutta la giornata vi sentirete nella poesia e nella luce.

    Voi inviate il vostro amore, e da ogni angolo dello spazio l'amore ritorna a voi. Ci sono talmente tante cose da fare per rendere la vita bella e poetica! È anche importante non lasciarsi travolgere dalle preoccupazioni e dalle cose materiali, e conservare un po’ di tempo e di energie da dedicare a tutte le attività che danno più significato alla vostra esistenza.

    Gli esseri umani non hanno ancora compreso niente: parlano di amore e vogliono essere amati, ma rimangono chiusi, spenti, prosaici. D'ora in avanti, imparino a vivere la vita poetica, e saranno amati.
    (Omraam Mikhaël Aïvanhov)
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