• Penisolabella viaggi nell'Italia sconosciuta

  • 著者: Giuseppe Cocco
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Penisolabella viaggi nell'Italia sconosciuta

著者: Giuseppe Cocco
  • サマリー

  • PENISOLABELLA l'Italia raccontata da Giuseppe Cocco Borzone de Signorio Sabelli, divulgatore geografico, storia e storie dei viaggiAutori del Grand Tour, per conoscere l'Italia minore con la M maiuscola, più grande giardino emozionale diffuso.
    Copyright Giuseppe Cocco
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あらすじ・解説

PENISOLABELLA l'Italia raccontata da Giuseppe Cocco Borzone de Signorio Sabelli, divulgatore geografico, storia e storie dei viaggiAutori del Grand Tour, per conoscere l'Italia minore con la M maiuscola, più grande giardino emozionale diffuso.
Copyright Giuseppe Cocco
エピソード
  • Se Dio era così, era un Dio socialista da «Il mondo dei vinti» di Nuto Revelli
    2024/11/14
    Il dialogo con la gente contadina di Revelli incomincia con la primavera del 1941.
    Testimonianze di cultura contadina, la pianura, la collina, la montagna, le Langhe: la fame, il lavoro infantile, l'immigrazione, la convivenza tra partigiani e nazi fascisti.
    E poi l'abbandono delle montagne, l'avvento di un nuovo mondo: l'industria, i grandi allevamenti, il turismo che figura il paesaggio, nei racconti dei 270 intervistati da Revelli.

    La Montagna: Testimonianze di vita contadina

    Giuseppe Antonio Bruno, detto Giuseppe ‘d Testa, nato a Demonte, frazione Cornaletto, classe 1892, contadino.

    Eravamo padre, madre, due fratelli e due sorelle: un altro fratello era morto quando aveva tre mesi, era morto forse di tubercolosi perché le stalle erano malsane.
    Nel 1919 sono tornato a casa, in congedo.
    C'erano le elezioni al comune, c'era la propaganda, c'era il comizio sulla piazza di Demonte.
    Mi pareva che il socialista parlasse meglio degli altri, perché cercava di aiutare il piccolo.
    Con pochi compagni ho fondato la sezione socialista.
    Alle elezioni il «socialista» è rimasto in minoranza perché il popolo non capiva, ma siamo riusciti gli eletti in quattro.
    I contadini avevano paura dei socialisti, dicevano che era l'anarchia.
    Avevamo i preti contro, i preti mentre dicevano messa facevano propaganda.
    Noi invece eravamo costretti a fare la propaganda di nascosto, passando ogni sera di casa in casa. I nostri nemici ci criticavano, dicevano di noi: «Si riuniscono a complottare. Sono pochi. Che cosa credono di combinare? Niente».
    Abbiamo cominciato in una ventina, e man mano che uscivamo con delle ragioni giuste il partito aumentava.
    Il prete dal pubblico diceva: «Ma voi socialisti credete o non credete che esiste Dio?»
    Noi non potevamo rispondergli perché rispettavamo la chiesa.
    Ma capivamo che il prete usava un modo prepotente di fare la propaganda politica.
    Noi eravamo cristiani, ma dicevamo: «La politica è una cosa e la religione è un'altra».
    Perché Dio è salito sul Monte Sinai, e ha detto al basso popolo: «Fuggite da lì, dove vi fanno lavorare sotto il bastone, dove vi fanno trascinare l'aratro; e poi loro mangiano il pane e voi mangiate solo miseria».
    Se Dio era così, era un Dio socialista, che voleva una società giusta, nuova, e non dei ricchi.
    Era un Dio che diceva: «Venite con me sulla montagna, che non sarete più sfruttati, che non sarete più schiacciati».
    Noi non eravamo contro la religione, noi dicevamo dei preti: «Ci credete voi in Dio? O fingete di crederci per dominare il basso popolo?»

    Se VUOI puoi cliccare sul link che trovi qui sotto per ASCOLTARE tutti i podcast di «Il mondo dei vinti» https://penisolabella.blogspot.com/2024/10/audiolibro-il-mondo-dei-vinti-di-nuto.html
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    14 分
  • Forse eravamo ottantamila i disertori da «Il mondo dei vinti» di Nuto Revelli
    2024/11/14
    Il dialogo con la gente contadina di Revelli incomincia con la primavera del 1941.
    Testimonianze di cultura contadina, la pianura, la collina, la montagna, le Langhe: la fame, il lavoro infantile, l'immigrazione, la convivenza tra partigiani e nazi fascisti.
    E poi l'abbandono delle montagne, l'avvento di un nuovo mondo: l'industria, i grandi allevamenti, il turismo che figura il paesaggio, nei racconti dei 270 intervistati da Revelli.

    La Montagna: Testimonianze di vita contadina

    Pietro Bruno, media valle Stura, classe 1896, contadino.

    La mia era una famiglia piccola, fame non ne ho mai fatta: vivevamo a castagne, polenta, e pane misto di grano e di segale.
    Poi è venuta la guerra, io ero negli alpini, battaglione Argentera.
    Scaricati a Cividale, abbiamo raggiunto a piedi Caporetto.
    Da Caporetto vedevamo che sul Monte Rosso era un fuoco solo, non capivamo come lassù potesse vivere della gente.
    Tra noi ci dicevamo: «Se andiamo su, moriremo tutti».
    Mah, la guerra è una brutta bestia!
    Durante gli assalti noi avevamo l'ordine di sparare fino a distanza ravvicinata.
    Poi dovevamo andare all'arma bianca e scannarci con le baionette.
    Ma prima di arrivare alla lotta corpo a corpo un po' scappavano loro e un po' scappavamo noi, eh ... Su Molte Fiore una notte siamo andati undici volte all'assalto, gli austriaci erano tutti ubriachi.
    Una volta mi hanno mandato con una corvée a fare la pulizia in una trincea.
    Era piena di morti, cento e più morti, una gamba qua e un braccio là.
    Abbiamo preso quei morti, li abbiamo buttati giù dal burrone.
    La guerra era queste cose qui.
    Poi è arrivato il disastro di Caporetto.
    Sono rimasto ferito a una gamba.
    Da Serpelizza, trascinandomi, ho raggiunto il Tagliamento.
    Ho visto saltare il ponte con sopra la popolazione, erano 400 i profughi, sono tutti morti.
    Gli austriaci erano a 200 metri.
    Un mio amico mi ha preso a spalle, e a nuoto mi ha portato sull'altra sponda.
    Poi finisce la guerra, viene l'amnistia, forse siamo 80.000 i disertori.
    Mi presento al console di Tolone, torno in Italia.
    Mi processano, mi condannano a due anni, poi mi assolvono.
    Mah! Sul Rumbon avevo visto fucilare due contadini che erano rientrati al reparto con ventiquattr’ore di ritardo.
    Il colonnello aveva schierato sei soldati, e i due poveretti erano lì a pochi passi.
    «Sparate», aveva ordinato il colonnello, ma il plotone di esecuzione aveva sparato all'aria.
    Allora il colonnello ne aveva presi altri sei: «Sparate o sparo io a voi».
    E avevano sparato!
    Se i comandi non facevano così ne sarebbero rimasti ben pochi al fronte.

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    9 分
  • I libri delle masche, i libri del potere da «Il mondo dei vinti» di Nuto Revelli
    2024/11/14
    Il dialogo con la gente contadina di Revelli incomincia con la primavera del 1941.
    Testimonianze di cultura contadina, la pianura, la collina, la montagna, le Langhe: la fame, il lavoro infantile, l'immigrazione, la convivenza tra partigiani e nazi fascisti.
    E poi l'abbandono delle montagne, l'avvento di un nuovo mondo: l'industria, i grandi allevamenti, il turismo che figura il paesaggio, nei racconti dei 270 intervistati da Revelli.

    La Montagna: Testimonianze di vita contadina

    Giuseppe Bruno detto Beppe ‘d Ciot, nato a Chiotti di Valloriate, classe 1893, contadino.

    Nelle nostre borgate c’erano tre giovani, uno era Pietro, il fratello di Malin, io l'ho conosciuto, era un giovane che aveva studiato, era un po' maestro.
    Una domenica questi tre giovani decidono di scendere a Valloriate a bere una volta e a fare una partita alle carte.
    Partono, bevono, giocano, poi uno di loro propone di andare in veglia in una casa dove ci sono delle ragazze.
    Ma Pietro rinuncia, e dice: «Io vado a coricarmi».
    Prende la strada in salita, s’incammina nel bosco verso casa.
    Arriva nel Vallone delle masche, un vallone che era sempre asciutto, e vede che il vallone è pieno d'acqua, e vede che dalla montagna rotolano giù delle grosse pietre.
    Eppure deve superarlo quel vallone.
    Si decide, lo attraversa, ma quando è sull'altra sponda si accorge che l'acqua non l'ha bagnato. Allora si mette urlare ben forte: «Stanotte l'avete combinata a me, ma domani notte la combino a voi. Me la pagherete cara».
    L'indomani mattina, era autunno, pioveva, Pietro si mette a segare della legna ben secca, prepara due grosse fascine, le sistema nello s-ciòu.
    Alla sera mangia cena, poi i suoi di casa vanno a vegliare in una stalla dai vicini, e Pietro resta solo.
    Si accende il fuoco, prende il libro, si mette a leggere, a leggere, mentre nel caminetto l'acqua bolle nel paiolo.
    Dopo un po' entra una donna e dice: «Buonasera».
    Poi ne entra un'altra, e un'altra ancora. Pietro non alza mai la testa, continua a leggere.
    «Chiudi il libro - implorano quelle donne -, per l'amor di Dio, chiudi il libro».
    Ma Pietro continua a leggere fino a quando lo s-ciòu non è ben pieno di masche.
    A questo punto Pietro parla a tutte quelle donne, dice: «Guardate, io vi perdono. Ma giurate che non farete mai del male né a me né alla mia discendenza, sennò vi farò passare tutte nell'acqua bollente».
    Le masche giurano, e lui finalmente chiude il libro.
    Pietro aveva tanti libri, e quando è morto i suoi fratelli che hanno aperto quei libri si sono ricevuti degli schiaffi in faccia senza capire da dove arrivavano.
    I libri di Pietro erano i libri delle masche, i libri del potere.

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